La scuola ligure si scopre No Gender

«In questa società dove si fa molta confusione su tutto, noi crediamo ancora che crocifisso e tricolore siano i valori per i quali sia giusto vivere e morire. Il Consiglio regionale non è un luogo dove diamo giudizi ma una teoria che nega tutto quello che è naturale non può entrare»

Con queste parole Angelo Vaccarezza, capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale, ha salutato l'approvazione da parte della Regione Liguria di due delibere volte ad impedire l'insegnamento della teoria del gender nelle scuole di ogni ordine e grado. Così, mentre in Parlamento prosegue, anche se molto a fatica, il cammino del ddl Cirinnà sulle unioni civili, mentre molti comuni (Genova compresa) hanno istituito un apposito registro per le coppie omosessuali e mentre altri sindaci sono giunti a trascrivere le nozze gay contratte all'estero, la Liguria di Francesco Toti lo scorso 27 ottobre ha girato il suo sguardo all'indietro, verso i bei tempi andati di “Dio, Patria e Famiglia”.

Ma cosa sarebbe poi, questa teoria del gender? Nient'altro che una semplice invenzione utile a spaventare le pie masse attraverso un incontrollato miscuglio di bufale gigantesche e diritti negati. Nata nel 1997 dalla sapiente penna di Dale O'Leary, attivista dell'Opus Dei ed autrice di The gender agenda. Redifining equality, in quasi vent'anni è divenuta un calderone colmo di ignoranza (nel senso etimologico del termine), faciloneria e cattiva fede di tutti coloro per i quali non esiste un mondo al di là della sacrestia.

Non bisogna difatti assolutamente confondere il cosiddetto gender con gli studi di genere. Pur essendo stato in origine la contestazione di questi ultimi, ormai sotto il cappello teoria del gender si trova di tutto, dal matrimonio egualitario alla legalizzazione della pedofilia. Prova ne sia la polemica estiva intorno ad alcune linee guida dell'Oms che avrebbero, tra le altre cose, incentivato la masturbazione nei bambini da 0 a 4 anni. Ridicolo, ovvio. Ma non pochi hanno creduto a questa bufala, non ultima la prof.ssa Anna Maria Altieri, Dirigente scolastico di Roma che ha sentito il bisogno di scrivere in proposito una lettera alla famiglie.

Ma non è finita, perché mischiando in maniera così spregiudicata realtà e menzogne si possono trovare in rete anche volantini di questo genere.

È questo il retroterra dal quale bisogna partire per comprendere quanto sia importante per tutte le associazioni ed i movimenti no gender la delibera della Regione Liguria e quanto, di conseguenza, tale delibera sia utile a fini elettorali. Eh sì, perché in fondo, analizzando bene la legge, le competenze regionali in merito all'istruzione non sono molto ampie. Anzi, tra norme di esclusiva competenza statale e autonomia scolastica, alle Regioni restano le briciole.

L'articolo 138 della Legge 59 del 1997 afferma testualmente: “Sono delegate alle regioni le seguenti funzioni amministrative:

  1. la programmazione dell'offerta formativa integrata tra istruzione e formazione professionale;
  2. la programmazione, sul piano regionale, nei limiti delle disponibilità di risorse umane e finanziarie, della rete scolastica, sulla base dei piani provinciali, assicurando il coordinamento con la programmazione di cui alla lettera a);
  3. la suddivisione, sulla base anche delle proposte degli enti locali interessati, del territorio regionale in ambiti funzionali al miglioramento dell'offerta formativa;
  4. la determinazione del calendario scolastico;
  5. i contributi alle scuole non statali;
  6. le iniziative e le attività di promozione relative all'ambito delle funzioni conferite”.

Se andiamo poi ad analizzare l'autonomia scolastica scopriamo che il Piano dell'offerta formativa, vero oggetto del contendere della campane no gender, è “elaborato dal collegio dei docenti sulla base degli indirizzi generali per le attività della scuola e delle scelte generali di gestione e di amministrazione definiti dal consiglio di circolo o di istituto, tenuto conto delle proposte e dei pareri formulati dagli organismi e dalle associazioni anche di fatto dei genitori e, per le scuole secondarie superiori, degli studenti. Il Piano è adottato dal consiglio di circolo o di istituto".

Scorrendo la Legge risulta evidente che in nessun articolo viene concesso alle Regioni un potere di veto circa l'offerta formativa dei singoli Istituti. Istituti che, è bene ricordarlo, fanno capo all'Ufficio scolastico regionale, quindi al Ministero.

Dunque la mozione del Consiglio regionale serve solo a piantare una bandierina clericale senza effetti pratici? Non proprio. Perché se è vero che la Regione non ha il potere di vietare alcunché, è altrettanto vero che può decidere di non finanziare progetti in scuole ree di aver introdotto tra i banchi la teoria del gender. Dunque potrebbe accadere che un istituto si veda negato il finanziamento di un corso extracurricolare sulla musica in una classe perché nell'aula accanto si sta spiegando ai ragazzi che tutti gli esseri umani hanno gli stessi diritti, a prescindere anche dall'orientamento sessuale.

La speranza è che i dirigenti scolastici liguri non siano tante prof.sse Altieri, ma educatori veri, capaci di non cedere a quello che, in fin dei conti, è un vero e proprio ricatto.

 

P.S. Nella stessa giornata del 27 ottobre è stata approvata, coi voti anche del Pd, una mozione volta a "predisporre strumenti finanziari per il sostegno e il miglioramento degli oratori e di altri centri religiosi in modo tale da svolgere la loro attività al meglio". Ulteriore conferma, se ce ne fosse stato bisogno, dell'estrema vicinanza della nuova Giunta con la Chiesa.